venerdì 3 giugno 2016

LA TROMBA E IL JAZZ




L'aspetto creativo è un elemento essenziale nel processo di improvvisazione, non solo perché consente al musicista di poter suonare linee melodiche diverse su una stessa sequenza di accordi, ma soprattutto perché è l'elemento primario per generare "bellezza" e suscitare "emozioni" nell'ascoltatore.


Purtroppo, tuttavia, la creatività non è la sola caratteristica che un musicista jazz deve possedere per creare delle "belle" improvvisazioni. Ad esempio, quando le note devono essere suonate su una sequenza di accordi (prodotta dagli strumenti di accompagnamento, quali piano o chitarra), la conoscenza teorica dell'armonia e delle scale è fondamentale per poter "incastrare" le note sugli accordi del brano. Inoltre, la componente ritmica di un assolo è altrettanto importante, in quanto offre al musicista un'ulteriore dimensione (quella temporale), nella quale spaziare utilizzando pause, accenti, anticipi e ritardi.


La cura del suono (sonorità e timbrica dello strumento) è un altro elemento che un bravo musicista sfrutta per dare personalità alla propria improvvisazione. Infine, l'opera dei grandi musicisti jazz, dagli anni venti a oggi, rappresenta una fonte di ispirazione immensa che non può essere trascurata, in quanto fornisce un riferimento fondamentale per lo studio del fraseggio di ogni musicista jazz.


Una buona tecnica strumentale è essenziale per poter integrare tutti questi elementi ed eseguire un assolo pulito e preciso, ma non dev'essere confusa con la bravura di un musicista. L'abilità di eseguire delle scale velocissime con grande precisione ha poco valore se le note suonate si incastrano male con gli accordi, oppure non sono "condite" con altri elementi, quali pause, accenti e dilatazioni/contrazioni temporali. In altre parole, in un'improvvisazione jazzistica la qualità delle note suonate è molto più importante della quantità o della velocità con cui si eseguono.
Dunque, riassumendo, l'improvvisazione jazzistica prevede almeno sei ingredienti essenziali:

1.    TECNICA STRUMENTALE: è la capacità di eseguire sul proprio strumento delle successioni desiderate di note o accordi con sicurezza e velocità. Essa rappresenta una base necessaria, ma non sufficiente per una buona improvvisazione. Infatti, la scelta delle note e della modalità con cui suonarle è senza dubbio l'aspetto più importante e più difficile da imparare.


2.    CONOSCENZA TEORICA: si riferisce allo studio dell'armonia e delle scale. Una profonda conoscenza degli accordi e delle relazione tra essi è di fondamentale importanza non solo per poter "incastrare" correttamente una sequenza di note sugli accordi di un brano, ma anche per poter generalizzare una melodia su diverse tonalità.


3.    CONOSCENZA PRATICA: si riferisce allo studio di frasi "celebri" suonate da altri musicisti jazz. L'acquisizione di un elevato numero di frasi sui diversi tipi di accordi, o passaggi di accordi, è la fase più importante dello studio di un musicista jazz, in quanto fornisce un prezioso bagaglio di riferimento da cui partire per elaborare il proprio fraseggio.


4.    RITMICA: si riferisce alla componente dinamica e temporale di un assolo, fatta di accenti, pause, anticipi, ritardi, glissati, trilli, legati, ecc. In assenza di tali elementi, una sequenza corretta di note può risultare piatta e insignificante.
5.    SONORITA': si riferisce alla cura di tutti quegli elementi che incidono sul timbro e sulla qualità del suono prodotto. In una chitarra, tali aspetti riguardano il tipo di chitarra (acustica, semi-acustica, solid-body, ecc.), il tipo di corde (materiale, spessore, ruvidità), la regolazione dell'amplificatore, l'uso di particolari effetti, e il "tocco", ossia la modalità utilizzata per produrre le singole note.
6.    CREATIVITA': è l'aspetto più importante, ma più difficile da codificare, e si riferisce alla capacità del musicista di mettere insieme tutti i diversi elementi in modo originale, al fine di generare sequenze di note di volta in volta diverse e tali da suscitare sensazioni piacevoli nell'ascoltatore. Sebbene la creatività sia una qualità intrinseca di ogni persona, essa può essere migliorata attraverso lo studio dell'improvvisazione di altri musicisti jazz che sono riusciti in questo intento.

Nasce a New Orleans il trombettista jazz più  celebre del XX secolo: Louis Armstrong. Nato in una famiglia molto povera e orfano di padre, Sachmo, come verra’ soprannominato per il suo modo di suonare,  si avvicina in tenera età alla  cornetta a pistoni; adolescente, entra nella sua prima ottone-band in Lousiana, fino a quando, si trasferisce a Chicago ed entra a far parte della band di Joe Oliver, più  importante della città del jazz. Il successo arriva nel 1924, a New York. Si esibisce nei più famosi locali dell’epoca, suona e canta con musicisti come Jimmie Rodgers, Bing Crosby, Duke Ellington e soprattutto Ella Fitzgerald, con la quale registra tre album. Tra le canzoni più conosciute di Louis Armstrong: "Stardust”, "What a Wonderful World”, "When The Saints Go Marching In", "Dream a Little Dream of Me”. Muore per un infarto a settant’anni, 11 mesi dopo aver partecipato al famoso show all'Empire Room del Waldorf-Astoria.


Il talento ineguagliabile, lo spirito innovatore, le sonorità languide e melodiche, la personalita' poliedrica e il carattere difficile hanno reso il Principe delle Tenebre una figura chiave del jazz del XX secolo. MilesDavis, a 90 anni esatti dalla sua nascita, resta uno dei musicisti più influenti e rivoluzionari della scena artistica mondiale. Dopo aver contribuito alla rivoluzione bepop fu ideatore di molti stili jazz come il cool jazz, l'hard bop, il modal jazz e il jazz elettrico o jazz-rock.


Nacque ad Alton il 26 maggio 1926 da un'agiata famiglia afro-americana. La madre Cleo Henry, abile pianista, desiderava che il figlio imparasse a suonare il violino, ma fu il padre Miles Davis II, affermato dentista di St. Louis a regalargli una tromba per il suo tredicesimo compleanno. Famoso come strumentista, Davis è considerato uno dei più grandi trombettisti jazz per il suono, un vero e proprio marchio di fabbrica, la forza innovatrice della composizione, ma anche per l'emotività controllata della sua personalità solistica, che in dischi come 'Kind of Blue' trovò forse massima espressione. L'album fu registrato in appena due sessioni ed è considerato il suo capolavoro. Fu dopo 'Birth of the cool', un vero e proprio manifesto che inaugurò l'eta' del jazz modale. 



La musica di Davis influenzò molti trombettisti e da un punto di vista artistico è paragonabile a Buddy Bolden, Joe King Oliver, Bix Beiderbecke, Louis Armstrong e altri ancora. Fu uno dei pochi jazzmen in grado di affermarsi non solo da un punto di vista artistico ma anche a livello commerciale nell'industria musicale. Soprannominato Principe delle Tenebre per la qualità notturna della sua musica, ma anche per il suo carattere scontroso che insieme alla sua voce roca e raschiante contribuirono a creare l'immagine 'dark'. Davis contribuì allo sviluppo artistico di generazioni di musicisti, dotato di un istinto fuori dal comune non esitò mai a reinventare il suono e la musica per cui era conosciuto, nemmeno dopo il successo del rock, quando passò ad una sonorità elettrica.






 Ma a differenza di molti suoi colleghi fu sempre molto attento all'immagine, aggiornata nel corso del tempo fino ad arrivare all'ultimo periodo in cui il vestiario pieno di colore firmato Versace conferì un certa sacralità alle sue esibizioni.


LA TROMBA A CHIAVI





IL processo evolutivo in questi recenti anni trova la sua conclusione con il brevetto della tromba munita di pistoni che aprono e chiudono delle pompe aggiuntive: in questo modo, si concretizzarono tutti i tentativi di dotare con la gamma cromatica uno strumento diatonico, per giunta limitato in estensione. Il ritrovato di Bluhmel e Stölzel si rivelò così geniale da dare il via a tutta una serie di famiglie di nuovi strumenti: molti di essi ebbero vita breve, e rimangono sui libri di storia e nelle leggende metropolitane dei musicisti, molti altri sopravvissero e si diffusero, trovando utilizzi che perdurano tutt’oggi.




E’ ovvio che una soluzione del genere, decisamente compromissoria, aveva un prezzo da pagare, in termini di “bontà acustica”: la perdita del suono puro ed originario della tromba naturale a causa delle curvature del tubo principale e delle porzioni di tubo  aggiuntive: fattore, questo, imputabile ad un fenomeno di fluido – dinamica per il quale più il percorso di un fluido all’interno è tortuoso, più elevate saranno le turbolenze, con ripercussioni piuttosto negative a livello acustico, ma soprattutto tecnico – esecutivo.


Inoltre, una maggiore compressione dello strumento dotato di macchina obbligava ad usare bocchini con misure di molto inferiori rispetto a quelli usati negli strumenti senza pistoni.
Nella seconda metà del XVIII secolo, come accennato in precedenza, la tromba naturale conosce un periodo di declino. Solamente l’invenzione della tromba a chiavi rende possibile l’esecuzione di una scala cromatica intera da parte di un suonatore di tromba.


Il trombettista (anche se sarebbe più corretto dire trombista) della corte di Vienna, Anton Weidinger (Vienna, 9 giugno 1767 – 20 settembre 1852), entra a far parte del Corpo Imperiale dei Trombettisti di Corte nel 1799; proprio in quel periodo, progetta – e successivamente, brevetta – una tromba dotata di chiavi, che aprono e chiudono fori (in numero variabile da 3 a 5) praticati ad arte lungo il tubo dello strumento stesso. 


La sua invenzione, probabilmente, va oltre le sue stesse aspettative, in quanto il suo progetto originario prevede la costruzione di uno strumento in grado di suonare cromaticamente, basandosi sui primi esempi di trombe, o meglio, di corni a chiavi. Il 28 marzo del 1800, il Concerto scritto da Franz Joseph Haydn viene eseguito per la prima volta nel Teatro di Corte di Vienna: il musicista lo aveva scritto quattro anni prima proprio per Weidinger, come atto di amicizia nei suoi confronti ma anche (e, forse, soprattutto…) come forma di interesse per l’innovazione strumentale. Fino a quel momento, la scrittura trombettistica di Haydn aveva mostrato caratteri di supporto armonico o, talvolta, sottolineatura di un particolare effetto o “emozione”: quasi mai qualcosa di superiore o diverso.




Con questa decisa presa di posizione a favore del nuovo
potenziale fornito dallo strumento che lo stesso Weidinger chiama “organisierte Trompete” (“tromba organizzata”), si realizza qualcosa di totalmente innovativo, nel quale il materiale sonoro è fatto di passaggi cromatici e melodie diatoniche, al posto delle tradizionali triadi spezzate e motivetti “da fanfara”.


L’opera di “proselitismo” di Weidinger non si ferma qui, però, tant’è vero che, intorno al 1803, si rivolge anche a Johann Nepomuk Hummel: quest’ultimo cede alle sue
lusinghe, e gli scrive un brano per tromba a chiavi che riceve un’accoglienza molto positiva durante un concerto della
tournèe che il trombettista stava effettuando, in quel tempo. Il risultato è la composizione del “Concerto a Tromba Principale”, quello di cui
si parla in questo lavoro monografico: la prima esecuzione pubblica è datata 1° gennaio 1804, presso la corte degli Esterhàzy. Molti storici sono concordi nel sostenere che, con
tutta probabilità, lo stesso Weidinger, prima della prima esecuzione, elabora la parte 20 solistica, più che altro per adattare la scrittura allo strumento e rendere eseguibile il brano.





La tromba a chiavi sparisce dalla scena musicale intorno agli anni ’40 dell’Ottocento: al suo posto, per i motivi già trattati nel capitolo precedente, trova una grande diffusione la tromba a pistoni; solo alcune opere teatrali di Rossini e Meyerbeer prevedono in organico lo strumento a chiavi, in funzione delle qualità acustiche più funzionali allo scopo. L’ultima composizione degna di essere qui citata, scritta appositamente per il vecchio esemplare è, senza ombra di dubbio, il “Concertone per
Flauto, Clarinetto, Tromba a Chiavi, Corno e Orchestra” di Michele Puccini (1838).


LA RINASCITA
Grazie al lavoro di alcuni artigiani, che hanno studiato gli strumenti antichi conservati nei musei e, di conseguenza, iniziano a produrne delle copie, è oggi possibile, ai musicisti, cominciare a studiare e riscoprire la tecnica esecutiva delle trombe a chiavi. Questo rinnovato interesse perla filologia strumentale rende nuovamente udibile, ed in maniera molto fedele rispetto all’originale, la musica di compositori come Giovanni Gabrieli (per quanto riguarda il cornetto), Johann Sebastian Bach (nell’ambito della tromba naturale e barocca) e, ovviamente, Haydn e Hummel.